I vini passiti: un po’ di storia e qualche degustazione

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I vini passiti sono un universo a parte. Sono circa 110 i vini passiti in Italia censiti da Veronelli. Oltre che nel diversificarli, noi italiani  siamo bravissimi a produrli, probabilmente i migliori del mondo. Oggi. Nati al tempo dei greci e dei romani, in passato rispecchiavano il gusto dell’epoca. Tra l’altro i vini secchi non erano considerati vini di pregio. Probabilmente perché non erano né fini, né particolarmente buoni.

In passato infatti,  non si conosceva l’esistenza dei lieviti (dobbiamo aspettare Pasteur 1850-1860), bloccare la fermentazione o farla svolgere tutta non era facile. I vini risultavano spesso abboccati, non completamente secchi (es. il barolo era amabile;  lo Champagne nasce dolce, diventa secco nel momento in cui si è avuta la padronanza della trasformazione degli zuccheri, e più in generale si è riusciti a gestire i vini). Tra l’altro, il vino aveva il problema di essere conservato nel trasporto. Si diceva che il barolo non arrivava a Savona e già diventava aceto.  Con la solfitazione si riesce a conservare il vino e nello stesso tempo, grazie ad essa ad eliminare i lieviti.

bicchiereIn passato e fino al periodo post fascista, i vini dolci erano poco blasonati, si conoscevano solo marsala e vin santo, i vini sapevano di caramello, erano appiccicosi  o ossidati. L’acidità del vino  è un concetto degli anni recenti. Si dava importanza solo al residuo zuccherino, in realtà anche l’acidità va a bilanciare il tenore zuccherino abbassandone le percezione. Quindi, un vino passito che non sia stucchevole necessita mantenere l’acidità.

Ancora negli anni ’70 i vini passiti erano mediamente scadenti, tipicamente ossidati e con molti difetti strutturali, bassa acidità e molto dolci (120-130 gr./ litro). Negli anni ’90 assistiamo a un’ inversione di tendenza con la quale, ad esempio, le vendemmie per le uve destinate ai passiti vengono anticipate rispetto al passato. Lo scopo è quello di ridurre le uve fresche in passite per arrivare alla surmaturazione dell’uva o direttamente in pianta o in ambienti chiusi ma aerati, appesi o su graticci, stuoie, paglia… cassette…  così da concentrare gli zuccheri.  Le uve, dopo l’appassimento subiscono una fermentazione molto lenta, e per tempi anche piuttosto lunghi. I passiti si possono suddividere in diverse categorie e ne parleremo in seguito.

Due parole sugli abbinamenti passito-cibo: i vini che hanno un finale di bocca dolce, si abbinano ai dolci (pandispagna, pasticceria secca e  crostata di frutta gialla con passiti dai colori chiari e dolci con frutti rossi con i passiti rossi);  per i  passiti con finali leggermente amarognolo,  quali sauternes e  muffati in genere, l’abbinamento è con cibi a valenza diversa: patè, fois gras, erborinati…

panoramica

Ecco cosa abbiamo assaggiato durante la degustazione di passiti che vi andiamo a presentare, tutti vini molto caratterizzati per aspetto organolettico e storico culturale:

1 MOSCATO D’ASTI PASSITO DOCG, OROCOLATO  (BALDI) Asti 2011 – 12°. Bottiglie da 37.5 : l’appassimento delle uve avviene  in cassette, i  lieviti indigeni, la fermentazione in barrique. Colore giallo dorato scarico. Percezione olfattiva elegante, sensazione aromatica marcata, albicocca e frutta candita quello che viene subito al naso  crostata di mele ed albicocche, sensazioni mielate ma anche agrumate (cedro). In bocca ritrovi la frutta matura, la nota agrumata,  la pesca sciroppata, l’albicocca disidratata e la frutta candita. Ma anche salvia ed erbe aromatiche. Ottima corrispondenza gusto olfattiva, non molto complesso ma piacevolissimo. E’ franco, intenso, abbastanza armonico con buona acidità che ci invita a bere. Uno dei vini più profumati. Acidità intensa e percorso gustativo sconfinato.

2 BEN RYÈ PASSITO DI PANTELLERIA (DONNA FUGATA), 2010 – 13°. Uva moscato di pantelleria o zibibbo, l’appassimento avviene su stuoie al sole. Colore ambrato molto bello.  A livello olfattivo si sente la frutta cotta, la pesca sciroppata, il dattero, il fico secco, marmellata d’arancia , incenso, erbe aromatiche  quali salvia timo e rosmarino ma anche note marine, ed ancora esce l’ uvetta, l’ albicocca disidratata e frutta candita. Anche in bocca si sentono le note  agrumate, anche leggermente speziate, il marzapane, note marine e di macchia mediterranea. Un vino per me fantastico. Ma anche per gli stranieri. All’estero è considerato “il passito italiano”. E’ l’eccellenza assoluta. E’ uno dei vini più profumati del panorama italiano, dal percorso gustativo amplio e intenso. Mette insieme potenza ed eleganza. Anche la percezione retrolfattiva è lunghissima. Si beve da solo. Se proprio lo volete abbinare, benissimo la pasticceria del sud: pastiera napoletana, pistacchio di bronte caramellati, cannoli siciliani. Ha una spiccata acidità che supporta la dolcezza, Un vino così quanto può durare? Molto, 25 – 30 anni anche se, inevitabilmente diventa un altro vino (se lo bevete molto in là nel tempo non bisogna aspettarsi la freschezza attuale) .

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3 TORCOLATO  (FIRMINO MIOTTI)  2005 – 15 ° Breganze Uva vespaiola (il nome deriva probabilmente dal fatto che le vespe lo adorano perché dolce. Le uve sono parzialmente botrizzate, fermentazione in barrique, contenuto acidico non altissimo. Il nome deriva dal torcolo che è il gancio dove si appende l’uva ad appassire per 60-90 gg.  Colore giallo dorato quasi ambrato, al naso evidenzi subito la canfora, mela cotogna, il pomodoro verde, in bocca avverti gusti particolari quali la salamoia, idrocarburi (tartufo). In generale è complesso, ricco, finale leggermente amaro. Si abbina  con formaggio e fois grois.

4 VINO SANTO TRENTINO (POLI) ,  2001 – 12.5° bottiglie da 37.5 cl nosiola in purezza  prodotto nel comune di Vezzano (TN) a nord del Garda. Lo producono sei aziende in totale. Non è ossidato, al contrario del quasi omonimo toscano.

Per produrlo si ha una disidratazione per 10 mesi, in ambiente chiuso, (si arriva a una resa di mosto di circa il 25% della massa); diraspatura manuale; fermentazione in barrique. Finisce sugli scaffali dopo 10 anni dalla vendemmia  (3 mesi in fermentazione e 7 di invecchiamento). Colore giallo dai riflessi ambrati, profumi eleganti, frutta matura (pesca e albicocca), confettura, scorze di agrumi, frutta secca, fichi, miele. Si ritrovano sentori di pasticceria secca, miele. Molto persistente, buona sapidità ed acidità. La nota dolce non é stucchevole, grazie anche alle note balsamiche quali timo, menta, eucalipto mela cotogna, china, liquirizia. In bocca è armonico, continuo, la percezione iniziale finisce a fin di bocca con acidità stratosferica. Va bevuto da solo, lunghissimo, morbido, elegante.

primitivo

5 MOSCATO DI SCANZO DOCG (Biava),   2009, 15.°, bottiglie da 50 cl. Piccola produzione: 3 ettari totali , 20 produttori, appassimento avviene in fruttaio. Prima  era un vino ricavato dall’appassimento delle uve per 30 – 50 giorni nelle case. Veronelli, nel 1974 se ne occupò e di lì fu riscoperto. Oggi quasi l’intera produzione viene consumata in zona. In passato aveva un valore intrinseco: era considerato denaro dalla Repubblica di Venezia; veniva utilizzato durante la messa nei territori bergamaschi fino al 1850; era il vino ufficiale degli zar. Fa solo acciaio 4 anni e il quinto può essere imbottigliato. Il colore è rosso rubino. Le note – intense – di alloro, incenso, nocino, genziana sono proprie del vino. Ruotandolo nel bicchiere si apre ancora di più e si aggiungono le note aromatiche, la china, il ginseng. E’ un vino da fine pasto, quasi masticabile, amaricante. Io lo berrei da solo. In bocca è ricco, avvolgente, dalla lunga persistenza. Abbinandolo al cioccolato perde l’ aromaticità ma rimane “solo” la frutta quale la ciliegia.

6 PRIMITIVO DI MANDURIA DOC DOLCE NATURALE (CANTINA  SAVA)  2007 – 19° . Questa cantina fa un passito “secondo la tradizione tramandata della casa produttrice”, quindi non ha i canoni del primitivo naturale che ci si aspetterebbe conoscendo questo vino ma di altre cantine. Alla vista il colore è rosso violaceo, al naso si sente la ciliegia matura, la marmellata di frutti rossi. E’ un vino speziato, mi colpisce subito il chiodo di garofano, l’ alcolicità spiccata.  Al naso  poco franco, non molto elegante, non tipico. In bocca subito senti la liquirizia poi la confettura, marasca e prugne. Ha una nota speziata, chiodi di garofano, la ciliegia, l’ amarena, la canfora. E’ fresco con finale lungo. Ricorda un po’ un porto. Ed infatti lo trovo ideale col cioccolato (fondente!).

[Crediti | Immagine di apertura: donnafugata.it]

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