Una “serata autoctona” tra amici

    Serata all’insegna di amicizia, buon cibo e novità enologiche, almeno per la sottoscritta, quello che sto per raccontare.

    vigneti-avellino

    Terminato il corso da sommelier, con alcuni compagni di “scuola”, abbiamo stretto una bella amicizia e, compatibilmente agli impegni di tutti, cerchiamo di passare qualche serata serena e, se possibile, enogastronomicamente curiosa. Così è accaduto qualche sera fa, uno di noi aveva “alcune bottiglie assolutamente da aprire con noi. Aspettava noi e solo noi per pareri e condivisioni”. Che dire? Vista l’insistenza ci siamo sacrificati e dopo un giro di telefonate, abbiamo organizzato. Come potrete vedere non ci siamo negati nulla. Anzi, abbiamo iniziato con una riga di antipasti accompagnati da uno gewustraminer spumantizzato che non rimarrà tra i miei ricordi, ma che comunque si è lasciato bere, mentre nel cuore mi sono rimasti alcuni salumi gustosissimi quali l’aromatica mortadella al tartufo, l’ormai classico patanegra, il petto d’oca affumicato, il delizioso speck d’anatra, la delicata spalla cotta di Mangalica, la vacca vecchia di manzo, una sorta di manzo affumicato buonissimo, ed i due formaggi (toma di Lanzo e la formaggetta mista delle Lange che abbiamo accompagnato con la tipica cugnà).

    tintilia

    Con l’aperitivo abbiamo iniziato coll’unico vino che non ha visto il legno: la Tintilia molisana dell’azienda Catabbo 2008 14,5°. Ottenuto dalla vinificazione di uve Tintilia in purezza. Dopo essere stato 12 mesi in acciaio e ad affinare in bottiglia, si presenta all’assaggio col suo colore rubino vivo e luminoso nonostante i 6 anni di vita, al naso è pulito, franco con sentori di frutti di bosco maturi, mora ed amarena ma anche lievemente speziato (mi ricordava il reganisso, la radice di liquirizia), un complesso bouquet che si ritrova anche in bocca. All’assaggio il vino risulta pieno ed avvolgente, la lieve acidità lo rende fresco nonostante sia del 2008. Le sensazioni speziate persistono a lungo. Vino che ben si è abbinato ai formaggi e ai salumi più grassi mentre quelli più tradizionali hanno faticato un po’. Vino interessante, che si discosta da quelli che ho avuto modo di assaggiare, caratterizzati invece da scarsa acidità e tannino verde piuttosto marcato.

    A seguire Ravioloni di vera chianina “au tuccu” (al posto della carne macinata, il pezzo di carne – il “tocco” in genovese, viene cotto a fuoco molto lento e a lungo, in questo caso per l’intero pomeriggio con aggiunta di salsiccia sbriciolata). Il vino scelto è stato il Rosazzo Pignolo Ronchi di Manzano 2007 13,5° vino dal vitigno pignolo della zona di Cormons. Dopo la macerazione sulle bucce per circa 10 -12 giorni, il vino viene messo in barriques per un periodo di circa un anno a cui segue l’affinamento in bottiglia. Il Pignolo da disciplinare viene commercializzato tre anni dopo la vinificazione. Anche in questo caso, nonostante non sia un vino giovanissimo ha mantenuto un colore rubino allegro e brillante. Al naso il profumo è intenso ma fine, fruttato e leggermente speziato. In bocca vira abbastanza e più che il frutto ho sentito sapori terziari,un tabacco leggermente amaro. Mi è sembrato un vino molto secco, quasi asciutto. Nel complesso caldo, morbido, avvolgente, ben strutturato,abbastanza tannico. Da riassaggiare, magari con qualcuno che conosca il pignolo.

     Eravamo quasi tutti abbastanza saturi ma, per non far torto al nostro ospite ci siamo sforzati, così è andato anche il brasato di copertina di manzo con salsa di mosto d’uva cotto acetificato o al vincotto originale al negroamaro e malvasia o alle more con contorno di Patatine novelle al forno.

    In abbinamento due vini: Bolgheri “Caccia al Piano” 1868 Ruit Hora 2009 14° 70 % merlot 20 % cabernet sauvignon e 10 % petit verdot; 12 mesi di barriques e 6 mesi di affinamento in bottiglia. Un vino ancora giovane, dal colore rosso rubino carico, al naso profumo di frutti di bosco non sovramaturi, leggera speziatura dolce che esce lasciando il vino nel bicchiere. In bocca il vino è pulito, franco dal buon equilibrio acidità alcolicità, ottima struttura e buona persistenza.

    Cesanese del Piglio Superiore riserva “Bolla d’Urbano” società agricola Pilleum 2008 14,5°. Questo vino mi è piaciuto moltissimo e non solo a me, nel 2010 la guida espresso lo ha insignito come miglior vino rosso laziale. Un Cesanese del Piglio 100% Cesanese di Affile. Le uve provengono da vigne che hanno una cinquantina d’anni nella zona di Pompeiano e Valle Bianca in Piglio. Dopo una lunga macerazione a temperatura controllata e un invecchiamento in botti da 20 hl e caratelli che sono piccoli vasi di legno francese a forma di botte dalla capacità di 300 l. per 24 mesi. Il vino è commercializzato dopo un anno di affinamento in bottiglia.

    caratellibolla d'urbano

    Il colore è rosso rubino con riflessi granata, al naso si capisce subito che è un bel vino, pulito, un concentrato di frutta matura lievemente speziato. In bocca è un concentrato di tutto questo, è pieno, di corpo, caldo, si apre quasi subito complice la temperatura perfetta e i bicchieri ampi. Il legno si sente regalando una tannicità voluttuosa. E’ persistente in bocca Mi ha stupito favorevolmente in quanto le mie precedenti scarse esperienze di cesanese, mi hanno lasciato sempre un po’ perplessa, ma, ripeto, non ho grandi esperienze in merito. Questo vino invece, lo riassaggerei volentieri.

     In accompagnamento al panettone artigianale al moscato, un fresco e piacevole Moscato d’Asti Fontanile 2012 6°

    Ci siamo salutati con la promessa di rivederci presto magari facendo meno da mangiare… che dire? Due buoni propositi di inizio anno sono decisamente troppi, penso che quello di rivedersi presto sia il più nobile e quello che alla fine seguiremo.

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