L’alimentazione è una cosa seria
Provate ad accendere la televisione. Programmi di cucina di ogni tipo si susseguono su diverse reti e ci invogliano a provare questa o quella ricetta, a innovare, a sperimentare, a ritrovare la tradizione. E questo è niente. Esistono corsi di cucina, esistono eventi a tema, fiere, mostre, libri, riviste, associazioni che diffondono tutto quello che è alimentazione in questo paese. In questo momento assistiamo a un vero e proprio bombardamento mediatico sull’argomento. Vi siete mai chiesti per quale motivo sta accadendo tutto questo intorno a voi?
Io trovo molto interessante questa grande abbuffata costante. Mi affascina e mi fa riflettere. Qualche mese fa scopro che Benedetta Parodi è stata ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa” insieme a Carlo Cracco e non posso di certo perdermi lo show. Un concentrato di simpatia che darà sicuramente ottime riflessioni sull’argomento. E in effetti è così. La Parodi mi urta talmente tanto da far apparire quel simpaticone di Cracco come l’uomo della mia vita. Sento un irrefrenabile desiderio nei suoi confronti, voglio sposarlo anche se dice che gli ingredienti che non possono mai mancare nel suo frigo sono il salame e il formaggio. Va bene Cracco, mi va bene perché per lei sono il dado vegetale e i gamberi surgelati. Per farla breve le espressioni di Cracco valgono il prezzo del Canone Rai. Impallidisce, sorride ironico, si trattiene, ogni tanto si innervosisce, alza la voce, prende in giro la sua compare. Spettacolo.
Quello che più mi lascia sbigottita è l’esaltazione del surgelato, l’incapacità di vedere il cibo come nutrimento, la totale cecità dimostrata quando si parla di stagionalità, di materie prime di qualità, di semplicità. Ogni tanto tiro fuori la bandierina con il volto di Cracco, lo chef che ho sempre odiato e che mi sta facendo innamorare di lui, e faccio la ola sul divano.
Che l’alimentazione fosse un argomento serio l’ho capito quando ho fatto la svolta vegetariana. Prima ero troppo impegnata a mangiare tutto quello che mi suggeriva il mondo: spazzatura tendenzialmente.
L’evoluzione del mio rapporto con le etichette si è evoluto nel tempo dando risultati inimmaginabili. Sono passata dall’ignoranza alla lettura approfondita. Quello che mi stupisce al supermercato è che non vedo quasi mai persone intente a leggere le etichette. Ragazzi, perché non leggete le etichette?
Adesso vi sgrido, faccio la vegetariana/vegan/salutista fastidiosa.
Leggete le etichette. Leggete perché quello che infilate dentro il vostro meraviglioso corpicino è quello che c’è scritto lì. Sappiate che gli ingredienti sono messi in ordine di quantità e che spesso vi fregano con delle belle mosse di marketing.
Ok, usciamo dal ruolo di professoressa e sveliamo il vero problema.
Non mi interessa se mangiate schifezze o meglio non mi interessa in modo razionale. Il mio problema è la fase di attesa alla cassa. La fase in cui esce fuori il mio tratto maniacale e inizio a osservare il carrello di chi mi circonda. Non potete capire il mio senso di disagio. Osservo il carrello della signora davanti a me e mi rendo conto dell’alimentazione squilibrata o completamente priva di nutrimento che la povera e dolce vecchina sta seguendo. Sto male. Combatto per qualche minuto con la tentazione di dirle “Signora, lo sa che il petto di pollo grosso come una palla da bowling che ha nel carrello aveva 6 settimane quando è stato macellato? Lo sa che questo significa che questa sera per cena mangerà ormoni con patate al forno”. Sto zitta, ovviamente. Sto sempre zitta ma vi assicuro che è difficile. La maniaca dei carrelli. Maledizione, che brutta situazione.
In un mondo in cui le informazioni abbondano, circondata da amici informati sulla situazione politica internazionale, sulle relazioni economiche tra diversi paesi, sulla sociologia e su mille altre cose mi ritrovo a dirvi di leggere le etichette. Non ci siamo. L’alimentazione è una cosa seria. Mi viene in mente la frase di Nanni Moretti in uno dei suoi film “Le parole sono importanti”. Ecco, “Le etichette sono importanti” “La conoscenza su quello che mangiamo è importante”.
Forse il mio primo articolo era più divertente, lo so, ma dovete capirmi. Lo faccio per il vostro bene e anche perché sono stufa di stare male in coda al supermercato. Sono arrivata ai punti che se vedo qualcuno che legge un etichetta gli faccio un mezzo sorriso di intesa, ci rendiamo conto? Potete capire la mia disperazione? Conosco persone intelligenti e informate che non sanno nulla su quello che mangiano. Lo trovo strano o quanto meno interessante.
Datemi un suggerimento, ditemi secondo voi per quale motivo siamo arrivati a dare tutto in mano alle aziende alimentari senza mai chiederci cosa ci stanno vendendo. Paghiamo per cose che non conosciamo. Paghiamo per avvelenarci, in molti casi. Se qualcuno ci fa notare il contrario ci arrabbiamo e iniziamo a difendere aziende delle quali non sappiamo nulla. Mi è successo, lo giuro. Ho avuto dialoghi con persone che difendevano un’azienda alimentare come diligenti impiegati, come fedeli servitori. Perché?
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